Un algoritmo per scoprire con buon anticipo malattie degenerative come il Parkinson o l’Alzheimer. Se è vero che l’intelligenza artificiale sta già cambiando e cambierà le nostre vite, la medicina potrebbe essere uno degli ambiti in cui porterà i benefici più rilevanti e più positivi per il genere umano, soprattutto in termini di prevenzione e diagnosi precoce. Grazie ad essa – ha sottolineato in un recente intervento sul “Messaggero” Giulio Maira, Professore di Neurochirurgia all’Humanitas di Milano e Presidente della Fondazione Athena Onlus di Roma – oggi possiamo delineare un approccio avanzato alla prevenzione e al trattamento delle malattie tenendo conto non solamente dei loro caratteri evidenti, ma anche di molto altro, come fattori sociali ed economici, stili di vita, ambiente, variabilità individuale dei geni, cartelle cliniche elettroniche, database pubblici di ricerche scientifiche, e di quanto le tecnologie di oggi ci permettono di avere, per esempio i dati provenienti da smartphone o dispositivi tecnici indossabili per il monitoraggio dello stato di salute.
L’Intelligenza artificiale e le malattie neurodegenerative
Secondo le persone esperte nel campo delle malattie neurodegenerative ci sono fattori scatenanti non ancora del tutto chiari e le cui alterazioni iniziano molti anni prima della loro evidenza clinica. Cosa potrà permettere l’individuazione precoce dei soggetti a rischio? Quali sono gli interventi tempestivi per prevenire o rallentare la comparsa dei primi segni clinici? Come avverrà tutto ciò nello specifico? Secondo il Professor Maira è proprio sfruttando l’intelligenza artificiale che si potranno realizzare i “gemelli digitali”, riproducendo al computer tutti gli aspetti della malattia presenti nelle persone malate e simulando virtualmente la probabilità di successo dei vari trattamenti disponibili, tenendo ovviamente conto anche degli effetti indesiderati.
La ricerca dell’Università della Pennsylvania
A tal proposito è da citare un lavoro realizzato dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Università della Pennsylvania che ha applicato un programma di intelligenza artificiale all’analisi di 5mila immagini di risonanza magnetica dell’encefalo, con lo scopo di individuare anche i minimi cambiamenti provocati al cervello dallo svilupparsi di malattie neurodegenerative. Lo studio ha così permesso di individuare cinque parametri di iniziale deterioramento cerebrale che l’occhio umano non sarebbe mai stato in grado di percepire e di collegarli a stili di vista particolari o ai segni iniziali di malattie come il Parkinson o l’Alzheimer. Insomma – conclude il Professor Maira – l’intelligenza artificiale sta diventando una sorta di lente d’ingrandimento che via via permetterà ai medici di vedere con maggior dettaglio e precisione ciò che sta accadendo all’interno del corpo umano, rivelando informazioni preziose che ai medici potrebbero sfuggire.
Il caso dell’Alzheimer
In Italia, quasi 1 milione di persone sono affette dall’Alzheimer, con un impatto enorme sulle e sui pazienti e sulle loro famiglie, e un costo sociale di decine di miliardi di euro all’anno. Oltre ai noti sintomi di perdita di memoria e declino cognitivo, l’Alzheimer influenza anche le capacità motorie, il sonno e l’umore, riducendo drammaticamente la qualità della vita. Per capire il potenziale dell’intelligenza artificiale nella lotta contro l’Alzheimer, dobbiamo però prima comprendere la natura della malattia, ha sottolineato il Dott. Michele Ventruscolo, noto fisico e chimico italiano nonché professore all’Università di Cambridge, in un intervento sul sito de Il Sole 24 Ore.
L’Alzheimer è causato dalla disfunzione di certe proteine, che perdono la loro forma funzionale e si aggregano in ammassi anomali chiamati placche amiloidi. Queste placche interferiscono con il funzionamento delle cellule nervose, portando al declino cognitivo. Una delle strategie per combattere l’Alzheimer è l’identificazione di composti che possono inibire il processo di aggregazione delle proteine.
Tuttavia, questo processo di scoperta è estremamente dispendioso in tempo e risorse, e la strada è stata segnata da molteplici fallimenti. Il machine learning – una branca dell’intelligenza artificiale – ha fatto notare l’esperto, sta intervenendo in questo contesto offrendo un cambiamento di paradigma. Questo approccio permette di sostituire test sperimentali estremamente lunghi e costosi con analisi computazionali rapide e accurate. Sono stati così identificati composti in grado di colpire regioni specifiche sulla superficie degli aggregati, responsabili della loro proliferazione. Questi composti risultano essere estremamente potenti e molto più economici da sviluppare rispetto ai precedenti. Questo significa anche che è possibile lavorare in parallelo su più programmi di scoperta di farmaci, velocizzando i processi di scoperta.
Un concerto contro Parkinson e Distonia
Un’iniziativa molto importante per sensibilizzare su queste malattie si è tenuta lo scorso 12 ottobre a Prato con un concerto di Giovanni Nesi per finanziare la ricerca contro il Parkinson e la Distonia. Nesi, pianista che si trova a vivere in prima persona la sfida contro la distonia focale (che limita il controllo della mano destra), ha tenuto un recital per sola mano sinistra e il ricavato è stato interamente destinato alla Fondazione Fresco Parkinson Institute Italia per un progetto di ricerca e assistenza per la malattia di Parkinson e le Distonie. Nonostante questa difficoltà, Nesi ha continuato a brillare nel panorama musicale mondiale, esibendosi e pubblicando dischi con la sola mano sinistra, diventando così una fonte di ispirazione per molti. Il concerto di Giovanni Nesi, con musiche di Bach, Scriabin, Schumann, Bellini e Puccini, non è stato così solo un’opportunità per assistere a un’esibizione di alto livello artistico, ma anche un’occasione per sostenere una causa di grande rilevanza. Il ricavato della serata è stato interamente devoluto alla Fondazione Fresco Parkinson Institute Italia Onlus e i fondi raccolti sono stati destinati alla creazione di un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale specifico per le Distonie e al finanziamento del primo progetto di ricerca genetica clinica rivolto alle persone con malattia di Parkinson con esordio precoce e/o familiarità e Distonie focali presso il Nuovo Ospedale Santo Stefano di Prato.