Passeggiare nei boschi per curarsi con le piante? La nuova frontiera del benessere che sta conquistando sempre più anche il mondo occidentale è la medicina forestale, una full immersion nella natura per migliorare la salute psicofisica, anche e soprattutto nel corso delle giornate di grande caldo, quando “immergersi” in una foresta consente un po’ di refrigerio. In Italia c’è anche un’associazione nazionale, la A.I.Me.F (Associazione Italiana Medicina Forestale), che forma ufficialmente esperti facilitatori per quella che, secondo diversi esperti, può essere classificata come una medicina preventiva a tutti gli effetti.
Le origini e il riconoscimento Onu
Per i sostenitori della medicina forestale, il bosco può essere una vera e propria cura e le passeggiate tra gli alberi, calpestando per esempio le foglie cadute, attraversando sentieri pieni di specie vegetali, possono avere finalità terapeutiche. In particolare, quando camminiamo in questo specifico ecosistema entriamo in contatto con sostanze emesse dalle piante che inducono nelle persone – come sostenuto da diversi studi scientifici internazionali – benessere psicofisico ed emozionale, contribuendo a rafforzare il sistema immunitario. Basti pensare che in Giappone, il cosiddetto “bagno nella foresta” viene prescritto al pari dei farmaci con relativo dosaggio. Del resto, questa terapia nasce proprio nel Sol Levante, dove negli anni Ottanta il Governo ha finanziato progetti di ricerca per studiare la possibilità di migliorare il benessere collettivo attraverso un più forte contatto con gli ambienti naturali. Anche l’Onu nel 2020 ha riconosciuto la frequentazione di ambienti forestali come una “pratica di medicina preventiva” proprio per gli effetti ad ampio spettro che produce sulla salute mentale e fisica, riconoscendo questo come altro servizio ecosistemico offerto dal bosco, utile anche come attività per la ripresa sostenibile dalla pandemia da Covid-19. Spesso, va anche rilevato che, a livello internazionale, la terapia forestale viene confusa con altre pratiche, in particolare con il Forest Bathing che invece non necessita di un medico o psicologo. In ogni caso le potenzialità della medicina forestale sono enormi se si immaginano, nel nostro Paese e nel mondo, i possibili risparmi indotti sulla spesa sanitaria e assicurativa, oltre al contributo alla sicurezza e all’incremento della produttività.
Come e quando praticare la medicina forestale
Quale dovrebbe essere dunque il “dosaggio” per la medicina forestale in Occidente? Secondo Gigliola Sigismundi, Vice Presidente A.I.Me.F – intervistata dal “Messaggero” – occorrerebbero almeno due ore al giorno o un week end al mese in natura per beneficiare degli effetti terapeutici indotti dalle piante: le vacanze sono dunque un’ottima opportunità per rimettersi in forma stando a contatto con la natura, specialmente in vista dell’inverno, che richiede spesso uno sforzo del sistema immunitario. Per essere considerata terapeutica ogni singola passeggiata dovrebbe durare tre o quattro ore, affinché facciano effetto le proprietà curative della vegetazione. Durante le escursioni, infatti, non ci si limita a camminare ma, guidati da esperti, si fanno soste di respirazione consapevole ed esperienze multisettoriali come toccare il tronco degli alberi, ascoltare il canto degli uccelli o il suono del vento tra le fronde, annusare i fiori, camminare a piedi nudi sul terreno o in ruscelli. In sintesi, secondo l’esperta, l’importante è rallentare i ritmi dello stress cittadino e riconnettersi con la natura.
Riprendere, quindi, il contatto con la natura in modo consapevole – come suggerisce la medicina forestale – è un ulteriore tassello, che si inserisce tra tutte quelle buone pratiche da attivare per poter garantire un corretto percorso in termini di prevenzione, aspetto su cui Assidai, da sempre, si fa portavoce.