Il Decreto Lavoro, approvato in estate e convertito successivamente in Legge, ha introdotto una novità importante: per incentivare il potere d’acquisto e ridurre il cuneo fiscale, infatti, ha aumentato solo per il 2023 il limite di esenzione per i fringe benefit da 258,23 a 3.000 euro.
Una variazione rilevante, che tuttavia – è bene precisare – vale soltanto per i lavoratori dipendenti che hanno figli a carico. Per quanto si tratti di una misura una tantum, e comunque ristretta soltanto a una parte della popolazione lavorativa, va comunque sottolineato che il provvedimento contribuisce alla crescita e al consolidamento del welfare aziendale, ormai un elemento sempre più centrale, in Italia e nelle aziende tricolori, per vivere e rafforzare il rapporto tra datore di lavoro e dipendente su nuove basi, imperniate sulla condivisione, sulla collaborazione e sul cosiddetto work life balance, ovvero l’equilibrio tra vita lavorativa e privata.
Il nuovo quadro normativo: chi e come può usufruirne
Che cosa stabilisce il nuovo quadro normativo?
La Legge 85/2023 conferma, da un lato, per l’anno in corso la tassazione a doppio binario per i benefit; dall’altro, aumenta le risorse finanziarie messe a disposizione per consentire l’agevolazione anche sotto l’aspetto contributivo.
In altre parole, per i lavoratori con figli a carico la soglia di esenzione fiscale e contributiva dei benefit è aumentata a 3mila euro, mentre per i restanti rimane in vigore il limite di 258,23 euro. Invariato invece il principio secondo cui, qualora il valore dei beni o dei servizi forniti risulti complessivamente superiore al limite di 3mila euro o di 258,23 euro, l’intero importo dovrà essere assoggettato a imposte e contributi.
Chi potrà usufruire del nuovo limite dei 3mila euro?
I lavoratori dipendenti con figli, compresi quelli riconosciuti nati fuori del matrimonio, con figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12 del Tuir. Secondo tale disposizione, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4mila euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso abbiano età superiore a 24 anni. La norma di favore, per quanto rivolta ai lavoratori con “figli”, deve ritenersi applicabile anche a quelli con un solo figlio a carico.
Con un caveat: qualora l’unico figlio a carico dovesse perdere tale condizione, in quanto in possesso di un reddito superiore a quello sopra indicato, si avrebbero due conseguenze: l’inapplicabilità della soglia di esenzione potenziata a 3mila euro, con eventuale recupero di tasse e contributi sui benefit esclusi fino a quel momento dalla base imponibile e il relativo aumento del costo del lavoro a carico del datore di lavoro. Per poter usufruire del beneficio, il lavoratore dovrà dichiarare al datore di lavoro di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli.
La norma, inoltre, non richiede che il figlio sia a carico dell’interessato al 100%, motivo per il quale si dovrebbe ritenere che il beneficio possa essere fruito interamente anche in presenza di una detrazione ripartita con l’altro genitore, innalzando di fatto il vantaggio complessivo per la famiglia a 6mila euro.
Beni e servizi oggetto della nuova legge
Che cosa rientra tra i compensi e i servizi oggetto della nuova legge?
Per fringe benefit si intendono i compensi in natura e i servizi concessi dai datori ai dipendenti. Per esempio: i buoni spesa, le ricariche telefoniche, il premio per la polizza extraprofessionale. Insomma, voci addizionali alla retribuzione corrisposta da un’impresa ai propri dipendenti: un compenso “in natura”, che figura comunque in busta paga.
Lato azienda si tratta di somme interamente deducibili, che riducono quindi l’imponibile fiscale dell’impresa. Dal punto di vista del dipendente sono somme non soggette a contribuzione né a prelievo fiscale, ovviamente con i tetti previsti dalla legge.
Nel limite di esenzione sono da considerare, seppure secondo un valore convenzionalmente identificato dalla normativa tributaria, altri beni concessi ai dipendenti come: l’auto a uso promiscuo, i prestiti agevolati e l’alloggio.
Altro aspetto cruciale: come nel 2022, per i soli lavoratori con figli a carico, la capienza dei 3mila euro può essere raggiunta anche con somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
Le utenze rimborsabili in esenzione fiscale devono essere riferite a un immobile a uso abitativo posseduto o detenuto, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che gli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio. Inoltre, è fondamentale che le somme rimborsate siano state effettivamente sostenute dai predetti soggetti.
Fringe benefit e welfare aziendale: un utile riassunto
Per concludere, è bene ricordare, con un utile quadro riassuntivo, le norme emanate negli ultimi anni sull’argomento e di cui Assidai si è già occupato per evidenziare, anno dopo anno, l’evoluzione in termini legislativi.
Fino al 2020 per i fringe benefit era prevista una soglia di esenzione fiscale (il valore di beni e servizi che non concorre al reddito imponibile né ai contributi) di 258,23 euro, mentre con il Decreto Agosto dell’estate 2020, approntato per supportare il Paese nell’emergenza Covid, il limite fu raddoppiato a 516,46 euro.
Nel 2021 il Governo ha in sostanza confermato il robusto aumento della quota esentasse. Infine, l’anno scorso, il decreto Aiuti-Bis ha modificato il limite di detassazione fiscale e contributivo dei fringe benefit a favore dei lavoratori dipendenti, innalzando la soglia a 600 euro, con la specifica che rientrano nell’agevolazione anche le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
Tutti provvedimenti che – come evidenziato in precedenza – hanno rappresentato un ulteriore passo in avanti nell’espansione di un settore, quello del welfare aziendale, che negli ultimi anni è cresciuto molto, anche perché ha dimostrato la propria forza e le proprie potenzialità in termini di soddisfazione del dipendente e di produttività dello stesso, a tutto vantaggio anche dell’azienda.
A questo proposito, va ricordato che dal 2016 il Governo ha progressivamente introdotto una serie di incentivi, soprattutto di carattere fiscale, per favorire la diffusione del welfare aziendale con risultati ormai decisamente rilevanti se si pensa che ormai più di un’azienda su due lo prevede per i propri dipendenti.