Intervista a Rocco Di Santo, Presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute
“Bisogna offrire agli adolescenti la possibilità di vivere situazioni reali in cui è possibile relazionarsi con gli altri”. è questa, secondo Rocco Di Santo, presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute, la strada da seguire per allontanare i giovani dalle dipendenze.
Un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) evidenzia come 2 milioni di giovani siano a rischio dipendenze legate principalmente a cibo e social. Si ritrova in questa analisi?
Di fronte a questi dati, possiamo solo concludere che c’è una particolare emergenza. Le nuove tecnologie hanno catturato dapprima l’attenzione della persona, poi hanno invaso le altre sfere della vita. La sedentarietà e un’alimentazione errata sono strettamente connesse, perché non è solo utilizzo e consumo di prodotti e servizi online, ma è uno stile di vita errato. Dinanzi a questa condizione di vita “liquida”, tanto per citare il famoso Bauman, chi vive in balia delle onde sono proprio bambini, adolescenti e giovani adulti. Le nuove e nuovissime generazioni si trovano dinanzi a un fluttuare continuo di informazioni, notizie, immagini e video, tanto accattivanti quanto prive di contenuti educativi. La domanda da porsi è perché 2 milioni di giovani non hanno un’alternativa al mondo virtuale.
Tra i giovani, a seguito di queste dipendenze crescono ansie, depressione e isolamento. Il Covid e i lockdown che ruolo hanno giocato in tutto ciò?
Il periodo di transizione bambino-giovane passa spesso attraverso un dispositivo, un monitor e una tastiera e in molti casi l’adulto non è in grado né di catalizzare né di giustificare e spiegare quanto visto, letto, ascoltato. Così facendo, le fragilità di un profilo psicologico in evoluzione possono amplificarsi, fino a sfociare in comportamenti devianti, manifestazioni patologiche e iso- lamento sociale. Il Covid è stato una cassa di risonanza al fenomeno, poiché internet è rimasto l’unico canale di socializzazione tra i giovani. Tutto ciò in due anni circa, un arco temporale assai ampio se consideriamo l’età evolutiva: un periodo della nostra vita in cui le relazioni e la socializzazione con l’altro è determinante per lo sviluppo del sé.
Quali possono essere i possibili rimedi alla situazione descritta dall’Iss?
Il rimedio sta nel recuperare il concetto di “comunità”, dove gli adolescenti possono sentirsi ancora protagonisti e dove la stessa comunità ha bisogno della loro energia, della loro vitalità e della loro creatività. Bisogna offrire agli adolescenti la possibilità di vivere situazioni reali in cui è possibile relazionarsi con gli altri. L’assenza di stimoli e condizioni reali porta nei giovani a vivere una povertà educativa. Non è necessario avere prodotti di ultima generazione se poi il minore si ritrova in modo passivo a utilizzarli senza nutrire interesse per le cose che accadono nella vita reale.
Come si possono “valorizzare” alcune predisposizioni dei giovani, ad esempio il molto tempo passato online su videogiochi, nell’ottica di una società futura che sarà sempre più costruita sul web?
Partendo dall’assunto che ogni minore sarà l’adulto di domani, non è immaginabile una società futura costruita esclusivamente intorno al web. Il talento, l’attitudine e l’intelligenza eccezionale nella odierna società non riguardano solo chi usa strumenti tecnologici di ultima generazione. La scommessa è scovare in ogni bambino le potenzialità innate e costruite.
Come intervenire sul fronte delle dipendenze alimentari, con gli eccessi di zuccheri e grassi, in modo da insegnare ai giovani stili di vita e abitudini sane?
Sempre l’ISS ha illustrato dati allarmanti rilevati prima della pandemia. In Italia la prevalenza di adolescenti che non svolge regolare attività fisica è dell’88,6% e un quarto di essi è obeso. Il problema non è solo nella tipologia di prodotti alimentari consumati, ma è soprattutto educativo: famiglia e scuola non assumono un ruolo determinante per garantire uno stile di vita sano. La prevenzione va fatta sempre e comunque offrendo alternative diverse rispetto a uno stile ed un modello non sano, adeguato e pericoloso. Le istituzioni hanno il compito di fornire soluzioni, chance e opportunità differenti.
Rocco Di Santo è Presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute. Attualmente è referente dell’area “Welfare” dell’ente di formazione e ricerca ENFOR di Policoro (Matera) e Ceo dell’impresa sociale Presidi Educativi srl. è autore di articoli scientifici e saggi su temi inerenti la disabilità e la povertà educativa.